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Neres rapinato in inglese. Tra i complici due dipendenti Asia, i vestiti nel camion dei rifiuti

Dopo la rapina al calciatore David Neres i tre criminali sono stati aiutati da due dipendenti dell’Asia, uno dei quali è il padre di uno degli indagati.
A cura di Nico Falco
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I rapinatori ripresi senza scarpe dalle telecamere
I rapinatori ripresi senza scarpe dalle telecamere

Ad aiutare i criminali che hanno rapinato l'orologio da oltre 100mila euro al calciatore David Neres sono stati due dipendenti dell'Asia, l'azienda pubblica che si occupa della raccolta rifiuti, controllata dal Comune di Napoli. Il primo, padre di uno dei tre, ha recuperato il gruppetto dopo il raid e si è disfatto dei vestiti e dei caschi, consegnandoli a un suo collega che era al lavoro. Il particolare emerge dall'ordinanza che ha portato in carcere tre persone, eseguita dai carabinieri: gli indagati sono Gianluca Cuomo, detto ‘o chiatto, Giuseppe Vitale, detto ‘o lobo, e Giuseppe Vecchio, tutti residenti nel Rione Lauro, a Fuorigrotta.

La rapina al calciatore in lingua inglese

Nella denuncia sporta presso la Polizia di Stato l'attaccante brasiliano aveva raccontato che il criminale si era rivolto a lui in inglese. Evidentemente i criminali avevano scelto di usare quella lingua per evitare di perdere tempo. A quel tempo il calciatore era arrivato a Napoli da pochissime settimane, tanto che, scrive il gip nell'ordinanza, "questo era, in pratica, il deprecabile comitato d'accoglienza con cui gli sconosciuti davano il benvenuto al calciatore a nome dei napoletani".

Il minivan del calciatore seguito dai rapinatori davanti allo stadio Maradona
Il minivan del calciatore seguito dai rapinatori davanti allo stadio Maradona

David Neres Campos, 27 anni, brasiliano, da poco acquistato dal Benfica, era stato bloccato in via Nino Bixio a Fuorigrotta, dopo la partita tra Napoli e Parma allo stadio Maradona; i rapinatori avevano affiancato il suo minivan, avevano mandato in frantumi il finestrino e, puntandogli la pistola all'addome, lo avevano costretto a consegnare l'orologio. Tra i complici è stato individuato anche un altro uomo, il cui ruolo non è stato però ben definito: per gli investigatori avrebbe preso in carico la refurtiva ma il gip non ha emesso misura cautelare non essendoci riscontri. Del commando faceva parte anche un altro uomo ancora, che aveva accompagnato gli indagati al luogo dell'incontro e aveva recuperato lo scooter usato per la rapina.

I due complici sono lavoratori dipendenti dell'Asia

Subito dopo il raid, ricostruiscono gli inquirenti, i tre vengono recuperati dal padre di uno di loro, dipendente dell'Asìa, che usa un'automobile già sottoposta ad intercettazione nell'ambito di un procedimento contro il clan Iadonisi di Fuorigrotta, che ha la sua roccaforte proprio nel Rione Lauro.

È un recupero rocambolesco: non si capiscono sul luogo dell'incontro, il padre va inizialmente a Bagnoli ma poi, su indicazione del figlio, si sposta a via Antiniana, tra l'area di Agnano e il comune di Pozzuoli. Stavolta il ragazzo usa un riferimento inequivocabile: "dove lavori tu", ovvero il deposito dell'Azienda rifiuti napoletana, l'Asia.

I vestiti buttati nel camion dei rifiuti dopo la rapina

Lì si disfano di tutto quello che potrebbe condurre gli investigatori verso di loro dopo aver analizzato le registrazioni di eventuali telecamere di sorveglianza: vestiti, caschi, anche le scarpe. Proprio questo particolare viene richiamato anche più avanti nell'ordinanza: quando l'automobile torna al Rione Lauro, due del gruppetto vengono ripresi da una telecamera mentre escono dall'abitacolo con ai piedi solo i calzini.

L'uomo, sempre intercettato dalla microspia ambientale, richiama l'attenzione di un collega che in quel momento è al lavoro su un autocompattatore. «Vallo a scaricare», gli dice. E il collega risponde: «Stai tranquillo». Subito dopo il figlio gli chiede che fine faranno abiti e caschi. «Lo schiacciano?». E il padre: «È normale», rassicura lui.

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